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La claustrofobia

Cura della claustrofobia a Cittadella | Dr. Roberto Gava

"Guarda la paura in faccia e questa cesserà di turbarti" (Sri Yukteswar)
La parola "claustrofobia" deriva dal termine latino "claustrum", che significa "luogo chiuso", e dal greco "phóbos", cioè "paura" o "fobia".
La claustrofobia è la paura degli spazi e dei luoghi chiusi e ristretti da cui la fuga sarebbe difficile o impossibile.
Chi soffre di questo disturbo percepisce come una minaccia la
restrizione delle possibilità di movimento e viene assalito da una sensazione di angoscia, forte disagio o panico non appena si trova rinchiuso in stanze piccole o senza finestre, ascensori, sotterranei, scanner per la risonanza magnetica, metropolitane, gallerie e molte altre situazioni che creano oppressione e danno l’impressione di essere in trappola.
Come altri disturbi fobici, la claustrofobia è in grado di provocare
reazioni fisiologiche, quali tachicardia, aumento della sudorazione, respirazione affannosa, sensazione di mancanza d’aria, nausea, crampi addominali, aumento della diuresi, tensione e dolori muscolari.
La claustrofobia è caratterizzata soprattutto dalla
paura del soffocamento. Ciò che il claustrofobico teme è che, nell’ambiente chiuso, non ci sia aria a sufficienza e che quindi possa sopraggiungere la morte per asfissia.
Talvolta la claustrofobia è associata ad altre cosiddette fobie situazionali come il buio, l’altezza, volare in aereo, cioè le persone che temono un certo tipo di stimolo hanno timore anche per altri stimoli dello stesso gruppo.
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La claustrofobia deve essere tenuta distinta dall’agorafobia che non si limita alla paura degli spazi chiusi, ma riguarda tutte le situazioni, anche all’aperto, da cui non vi sia una rapida via di fuga (es. un ponte, una lunga coda o l’autostrada). Il disagio del claustrofobico è inoltre limitato alla sensazione di costrizione, mentre quello dell’agorafobico è legato alla lontananza da una via di fuga e di un punto di sicurezza.
Il claustrofobico ricorre spesso
all'evitamento delle situazioni ritenute potenzialmente “a rischio”;  per esempio, preferisce prendere le scale piuttosto che un ascensore, anche se sono coinvolti molti piani; preferisce impiegare il doppio del tempo e scegliere la strada più lunga, ma non passa sotto una galleria; preferisce rimanere a casa piuttosto che andare al cinema o partecipare ad una festa particolarmente affollata. Tiene, cioè, una serie di comportamenti di evitamento che lo “preservano” dalla situazione o dal luogo che gli crea angoscia.
I comportamenti di evitamento, sebbene possano dare un certo sollievo e una certa sicurezza, comportano dei costi importanti in termini di libertà di movimento, con gravi ripercussioni sulla qualità della vita. Naturalmente, le conseguenze di tali comportamenti variano a seconda dell’individuo e della gravità del suo problema. In tutti i casi, però, le persone affette da claustrofobia si ritroveranno con scelte molto limitate a causa della loro paura, e baseranno le decisioni nella vita sulle situazioni in cui si sentono a proprio agio, piuttosto che su ciò che vogliono veramente fare.
Linus: Ieri sono stato in ascensore.
Violet: Io soffro di claustrofobia negli ascensori.
Linus: Io soffro di claustrofobia perfino in una stanza piccola…
Violet: Io soffro di claustrofobia nei negozi, se c’è tanta gente.
Linus: Io soffro di claustrofobia solo a essere in certe città…
Charlie Brown: Io soffro di claustrofobia nel mondo.

- Peanuts, Charles M. Schulz
Il trattamento della claustrofobia prevede primariamente un percorso terapeutico volto alla risoluzione della condizione di disagio. Il lavoro terapeutico è basato sulla cooperazione: terapeuta e cliente collaborano per comprendere il problema, indagano il significato che il problema riveste nella vita del cliente e identificano le strategie più adeguate per la sua risoluzione.  La finalità generale del trattamento è quella di mettere la persona nelle condizioni di sperimentare un cambiamento, di mettere alla prova nuovi comportamenti, nuovi modi di guardare al problema. Per raggiungere tale obiettivo la terapia può prevedere l’utilizzo di tecniche psicologiche specifiche quali l’esposizione, il rilassamento e il controllo della respirazione.
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